Intervista | Barbara Ottani (scrittrice)

Dalla penna di un’archeologa

Ciao! Mi chiamo Andrew, e sarò il conduttore di questa intervista! 

Oggi diamo il benvenuto ad una nuova ospite!
Siamo felicissimi di poterla accogliere nel nostro Salotto degli Artisti

Ma lasciamo che si presenti e ci racconti la sua storia…

Chi sei e da dove vieni?

Sono Barbara, vengo da Bologna e sono una ex-archeologa (anche se nel cuore lo sarò sempre). Ora scrittrice, editor e coach di scrittura per altri autori.

 

Quando hai iniziato a scrivere? E come nasce la tua passione?
Ti sei ispirata a qualcuno?

Ho sempre scribacchiato, prima dell’università, poi ho smesso.
Scrivevo articoli accademici, ma avevo chiuso con la narrativa, convinta che non potesse convivere con le mie attività di studio.
 
Ho ricominciato a scrivere sul serio nel 2020, per via del lock-down, e non mi sono più fermata.
 
Scrivere mi ha aiutata non solo a “passare il tempo” durante l’isolamento, ma anche a scavare in me stessa grazie al modo in cui dovevo smontare la psicologia e i moventi dei miei personaggi.
 
Quando l’isolamento è finito, ho continuato a scrivere per bisogno, e perché ormai avevo un gruppo folto di lettrici che aspettavano la pubblicazione dei capitoli delle mie storie.
 
È stato il loro supporto costante a spingermi a pubblicare davvero, e non le ringrazierò mai abbastanza per averlo fatto.  
 

La tua arte è anche il tuo lavoro, oppure svolgi parallelamente un altro impiego? Se sì, come concili queste vite parallele?

Ho fatto in modo che la scrittura diventasse il mio lavoro, anche in via trasversale: mi sono specializzata per diventare editor e coach di scrittura, quindi quando non lavoro ai miei libri, aiuto altri scrittori a vedere realizzati i loro.
 
A volte, mi emoziona ancora di più rispetto a vedere pubblicati i miei!
 

Cosa raccontano i contenuti e le opere che pubblichi?
Quali sono le loro finalità?

Ho pubblicato diversi racconti, ma “Puoi chiamarmi Noona” è il mio primo romanzo – fa parte di una serie.

La tematica che volevo affrontare quando ho iniziato a scriverlo si basa su come un amore tossico, al quale si è sopravvissuti, condizioni poi il modo di vivere tutte le relazioni successive.

Era un periodo in cui leggevo libri romance – non quelli dark romance, e ci tengo a specificarlo perché c’è molta differenza – che romanticizzavano questi amori, con protagoniste donne (tutte vergini) vittime di narcisisti egocentrici; e mi ero rotta le scatole.

Quindi ho costruito una protagonista sessualmente disinibita, che invece da quella situazione voleva uscire.

Rendendo note le tue opere quale è stata la risposta del tuo pubblico, e quali esperienze ne hai tratto? Cambieresti qualcosa, a posteriori?

L’unica cosa che avrei cambiato è che avrei dovuto crederci di più, fin da subito, e fare molta più promozione. Cosa che invece non ho fatto.
 
Ero convinta che la mia storia sarebbe piaciuta solo alle lettrici che ormai se n’erano affezionate, e invece ha colpito un sacco di altre persone, e la cosa più inattesa è stata che sia piaciuta a tanti uomini.
 
Del libro non cambierei nulla, ma solo perché un libro può essere riscritto all’infinito. Ho fatto errori, ma ho imparato tanto e non voglio cambiare nulla, mi serviranno per il futuro.

Quali sensazioni hai provato “prima e dopo”, dal tuo primissimo annuncio al pubblico?

Quanto influiscono le aspettative sui risultati?

Ansia, panico e un mare di “ma cosa sto facendo?” e di “ma perché l’ho fatto?“, sia prima che dopo.
 
Per ora sono in una fase in cui le mie aspettative, per me stessa e per la mia scrittura, sono molto più alte rispetto a quelle dei lettori, quindi provo sempre un fondo di frustrazione per non aver fatto di meglio, anche se mi sono spremuta al massimo.
 
Ho molta paura di ascoltare i commenti dei lettori, perché ho sempre quest’idea che forse avrei potuto fare meglio. Poi quando mi scrivono in privato per farmi i complimenti, o perché ho toccato tasti a loro cari, o per le emozioni che sono riuscita a suscitare in loro, allora mi commuovo e provo immensa gratitudine.
 

Quale riscontro hai ricevuto dai tuoi amici, parenti e conoscenti?
Hai regalato loro delle copie? Ti hanno supportato comprandole?

Un ottimo riscontro, molto inatteso per certi versi.
 
I miei amici hanno comprato delle copie, anche quelli che non leggono molto; o non leggono il mio genere.
 
Visto che ho pubblicato il primo romanzo nel giorno del mio compleanno, si sono addirittura presentati qualche giorno dopo per una festa a sorpresa e si sono fatti firmare le copie.
 
È stato il primo “firmacopie“, del tutto inatteso.
Ero emozionatissima.
 

Come hai trovato, e su quali basi hai scelto, il tuo canale di vendita?

Ho deciso di esordire come self-publisher per diversi motivi: avevo bisogno di fare qualcosa, dall’inizio alla fine, che mi facesse dire “ce la posso fare“, e poi perché ero certa che una Casa Editrice mi avrebbe rifiutata.

Non ci ho neanche provato, tanto avevo fretta di farlo e di farlo in un giorno specifico.

Non sono pentita della scelta: è solo più difficile promuoversi, ma sto imparando anche quello.

 

Conosci il concetto di Burnout emotivo?
Come si supera lo
sconforto di non essere ricercati, quando gli sforzi sembrano non essere ripagati o le vendite non decollano?

Lo conosco e ci sono passata, più col lavoro precedente, che con la scrittura, ma ho anche vissuto lo stress del vedere che il mio libro non veniva richiesto.
 
Come si supera lo sconforto? Con le domande giuste.
 
Il mercato va direzionato, uno sconosciuto X non inciamperà per caso nel tuo libro. E anche se accadesse, ne vengono pubblicati così tanti che probabilmente non ricorderà nemmeno di averlo fatto.
 
Bisogna impegnarsi per fare in modo che il potenziale lettore voglia leggerlo.
 
Mi sono promosso adeguatamente?
 
Il tema che ho affrontato, quanto è di nicchia?
 
Il mio lo è parecchio: si svolge in Corea del sud, ambiziosa ambientazione quando la maggior parte dei romance contemporanei sono ambientati negli Stati Uniti.
 
L’ho fatto uscire conoscendo il rischio. Ora che i k-drama hanno più presa, anche il mio libro sta vendendo meglio, perché risponde al bisogno degli e delle appassionati/e di k-drama, che vogliono vivere quel tipo di emozioni durante la lettura.
 
Se vogliamo sintetizzare, la risposta è:
chiedersi “perché ho scritto quest’opera?” e migliorare il marketing.
 

Quali consigli daresti ad Autori e Artisti emergenti, che vogliono realizzare e rendere nota la loro prima opera o pubblicazione?

Non nascondetevi nell’ombra fino al giorno della pubblicazione, come ho fatto io.

Le prime cose saranno così così, ma qualcuno le apprezzerà, e più andrete avanti, più migliorerete.

Nessuno nasce con la penna – o qualsiasi altro strumento – in mano. Si impara sbagliando; sbagliando anche sui social.

 

Cosa pensi del Mercato artistico italiano contemporaneo, degli autori e artisti che ne fanno parte e del pubblico al loro seguito?

Penso che sia multiforme e pieno di lotte intestine. A fronte di libri fatti bene, c’è la tendenza a sfornarne il più possibile, soprattutto se si ha la certezza che vendano, anche se la qualità è opinabile.
 
Ma è un mercato così ampio e vario, che dare un parere omnicomprensivo rischia di banalizzare la cosa.
 

Credi che l’italiano medio sia un buon conoscitore dell’arte, oppure si potrebbe fare di meglio?

Che domanda scomoda.
Più che pensarlo, esco da un ambito lavorativo (tra siti archeologici e musei) che mi ha dato numeri, statistiche.
 
Insomma: dati concreti, e ai numeri non si scappa.
 
L’interesse medio per l’arte (scrittura/arti grafiche/musica ecc) è talmente basso da essere sconfortante. Viene visto come inutile.
 
In fondo, con la cultura non si mangia
 
Purtroppo è vero, e l’Italia si è impegnata particolarmente a far sì che fosse così. Ora basta o divento polemica.
 

Come giudichi la burocrazia del mondo artistico?

Per un autore le spese sostenute, le imposte applicate, le royalties, le agevolazioni economiche, e tutti gli aspetti fiscali a cui badare potrebbero essere più favorevoli?

Credo che la risposta sia: un inferno.
 
Le royalties per gli autori di una Casa Editrice sono ridicole, anche a fronte di quanto spende la C.E. per i loro romanzi.
 
Il problema sta a monte, e non si limita alla vita degli artisti, se proprio vogliamo essere sinceri.
 

Cosa pensi dell’avanzamento tecnologico?

Temi per la tutela degli artisti umani rispetto all’intelligenza artificiale?
Oppure immagini ci
possa essere una simbiosi tra questi due mondi?

Credo che la guerra alle IA sia inutile.
 
In scrittura, per esempio, le IA  sono modelli linguistici che non capiscono cosa scrivono.
 
Fai una domanda? Ti ripropongono un assemblamento di parole secondo modelli che trovano sul web.
 
Si vede se un libro lo ha scritto per intero una IA. Stessa cosa per l’arte.
 
Perché non usare, invece, il supporto delle IA?
Per ora non ho mai scritto nulla basandomi sulle IA, ma ogni tanto le uso per farmi dare spunti di scrittura da usare come esercizio.
 
Se un’idea per un libro arrivasse da lì, dovrei vergognarmi? Non credo, perché tutto quello che viene dopo sarebbe comunque farina del mio sacco.
 

Hai in cantiere altri progetti? 

Possiamo aspettarci nuove opere? Quali sono i tuoi obiettivi futuri?

Ho in cantiere diversi progetti miei, più quelli degli autori che seguo.
 
Devo finire di pubblicare tutta la mia serie romance di “Noona”, ho una trilogia urban fantasy dark già impostata di cui ho scritto quasi tutto il primo libro, un’altra storia dark fantasy in cantiere, e non ho nessuna intenzione di fermarmi.
 
Un obiettivo futuro? Riuscire a pubblicare il fantasy con una Casa Editrice. 
 

Dove ti vedi, nella tua vita artistica, tra cinque anni da adesso?

Ancora sui libri, ma molti più col mio nome sopra, magari dall’altro lato del mondo anziché in Italia.
 
Magari anche con titoli tradotti in inglese, perché no?
 

Vorresti aggiungere ancora qualcosa, per i nostri spettatori?

Due appelli.
 
Uno dal mio lato di autrice self: vi prego, lasciate le recensioni. Ci impieghiamo un anno – a volte di più – a scrivere un libro. Regalateci cinque minuti, dopo la lettura, per dirci cosa ne pensate.
 
L’altro dal mio lato da editor: se decidete di pubblicare un libro, fatelo editare da un professionista – e ci tengo a sottolineare professionista; gli editing dell’amico che legge tanto non valgono. Avrete un prodotto di qualità molto più alta da offrire.
È un attimo partire con il piede sbagliato, in letteratura, ed essere ricordati solo “per quel libro brutto che parlava di“.
 
 

Grazie per questa intervista, Barbara.

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