Intervista | Alessia Marino (fotografa)

Una fotografa dalle mille idee

Ciao! Mi chiamo Andrew, e sarò il conduttore di questa intervista! 

Oggi diamo il benvenuto ad una nuova ospite!

Siamo felicissimi di poterla accogliere nel nostro Salotto degli Artisti

Ma lasciamo che si presenti e ci racconti la sua storia…

Chi sei e da dove vieni?

Che domande difficili in quest’intervista!

Chi sono non credo di saperlo ancora, mi sto… cercando, spero di capirlo presto.

Magari vi tengo aggiornati.

Banalmente, all’anagrafe compaio come Alessia Marino. Quando qualcuno si ricorda di me il mio nome viene seguito da “ah, la fotografa!”.

Quindi immagino che per rispondere alla domanda posso
dire: sono Alessia Marino, ah la fotografa.

Quando hai iniziato a scattare le prime fotografie?

Ho iniziato a fotografare da piccola, anche se non ne avevo memoria fino a qualche anno fa.

L’ho sempre fatto inconsapevolmente, la prima volta che ho avuto una macchina fotografica reflex in mano era analogica ed era di mio zio.

Avevo questo zio pieno di passioni e tra queste c’era la fotografia. Ricordo vagamente che ero ipnotizzata dalla sua macchina fotografica. Ero molto piccola e non capivo bene cosa stessi facendo, ma ho questo ricordo di me a casa sua, di lui che mi spiega come funziona la fotografia.

Credo sia indelebile. Probabilmente lì è iniziata la mia passione, quando ho capito che potevo fermare i momenti, catturarli.

E com’è nata la tua passione?

Hai tratto ispirazione da qualcuno in particolare?

Eccola! Un’altra domanda difficile!

Come accennavo prima, mio zio, ma in realtà anche mia madre.

Era pittrice (sì, era anche lei, purtroppo entrambe sono persone che non ci sono più).

Mia madre da giovane dipingeva e scriveva, poi è diventata insegnante d’italiano. lei mi ha insegnato a disegnare e forse a capire che poteva esistere un mondo altro nella creatività.

Poi ho iniziato a vivere e studiare, mi sono lasciata ispirare da tutto. Da tutti.

L’ispirazione qualche volta non arriva come lo Spirito Santo, è un insieme di indizi che vanno colti.

La tua arte è anche il tuo lavoro, oppure svolgi parallelamente un altro impiego? 

La mia arte è il mio lavoro, ma per un periodo ho svolto anche un altro impiego e chissà in futuro farò ancora qualche cosa di diverso.

Il problema è che lavorare troppo della propria arte ti uccide l’ispirazione.

Quella che si cerca con fatica. Ogni tanto ho bisogno di uscire dalla bolla, avere stimoli diversi per poi rientrare.

Quindi concilio per necessità.

Parlaci del tuo attivismo artistico.

Di cosa si tratta, e quali sono le finalità con cui lo conduci?

Per la maggior parte sono mie esperienze.

Qualsiasi cosa ci sia in giro di mio è un’esperienza. Lavoro molto sulle emozioni e sulla percezione.

Siamo in un contesto sociale pronto al cambiamento e il cambiamento inizia da piccole cose. Imparare a percepirsi e a percepire l’altro è veramente un passo importante.

Attraverso le mie ricerche provo a trovare un po’ me stessa e se trovo qualche cosa mi piace condividerlo.

Penso: “Magari può essere utile a qualcun altro“.

Rendendo nota la tua arte, quale è stata la risposta del tuo pubblico, e quali esperienze ne hai tratto?

Cambieresti qualcosa, a posteriori?

A questa domanda non so rispondere chiaramente.

Diventare un’artista, se cosi mi posso considerare, era al di fuori di ogni mio pensiero.

Avevo paura, quindi il solo fatto che qualcuno mi fermi e mi dica cose come” leggo sempre quello che scrivi” o “mi piacciono molto le tue foto” per me è surreale.

Ma capita e ne sono felice.

Quali sensazioni hai provato “prima e dopo”, dal tuo primissimo annuncio al pubblico?

Quanto influiscono le aspettative sui risultati?

Non so cosa sia un annuncio artistico ma credo in generale che le aspettative non devono influire.

Quindi non influiscono. Il risultato fa parte solo del
procedimento.

È un insegnamento prima di tutto. Poi è chiaro che se il risultato è positivo o addirittura superiore alle tue aspettative allora sei felice.

Ma perché è una “sorpresa”. In caso contrario va bene comunque, hai comunque nuovi strumenti per proseguire.

Intendo che il confronto con il pubblico è importante, il risultato non deve influire
eccessivamente.

Soprattutto se si vuole far passare dei messaggi. Io vedo il risultato come uno studio.

Quale riscontro hai ricevuto dai tuoi amici, parenti e conoscenti?

Hai ricevuto supporto da loro, oppure no?

Ho frequentato ingegneria per 4 anni, e il mio cambio di rotta è stato complicato da accettare per i miei parenti, gli amici invece sono stati proprio quelli che mi hanno spinta.

Ho un’amica in particolare che mi ha supportato durante gli anni ad ingegneria e mi ha aiutata a “passare la linea”.

Ma oggi in realtà credo che mi supportino, a modo loro, anche i parenti.

Forse ho regalato copie dei miei scatti , ma sempre in momenti e occasioni particolari.

Mai con un secondo fine.

Come hai trovato, e su quali basi hai scelto, il tuo canale di pubblicazione?

In realtà non l’ho scelto, forse cercherò qualche editore prima o poi.

Conosci il concetto di Burnout emotivo?

Come si supera lo sconforto originato da una diversa risposta del Mercato, nei confronti di eventuali risultati pronosticati?

Si supera, è il mercato.

Si supera inventandosi qualcos’altro.

Il problema è che non bisogna dare troppo peso alle cose, ci sentiamo giudicati per prima cosa.

Ma la domanda è “da chi?”.

La situazione tanto non cambia. Va bene qualche giorno di sconforto, siamo
umani. L’importante è riuscire poi a incanalare quell’energia nella produzione d’altro, può essere anche terapeutico.

Cosa pensi del mercato artistico italiano contemporaneo, degli artisti che ne fanno parte e del pubblico al loro seguito?

È molto interessante e vario.

Ci sono molti artisti validi, alcuni tra i miei preferiti.

Cosa pensi del panorama sociale in Italia?

Credi che “l’italiano medio” sia un buon conoscitore dell’arte, oppure si potrebbe fare di meglio?

C’è una risposta alla chiamata Arte.

Ma è sempre troppo poca.

Che la risposta ci sia mi fa sperare, ma ripeto: è sempre troppo poca.

Come giudichi la burocrazia del mondo artistico?

Per un artista le spese sostenute, le imposte applicate, le royalties, le agevolazioni economiche, e gli aspetti fiscali a cui badare potrebbero essere più favorevoli?

Essere artista è direttamente proporzionato ad essere povero; lo ripeto sempre scherzando, con un’amica.

Bisogna inventarsi tante cose, risulta difficile vivere della propria arte. Però è pur vero che se fosse facile lo farebbero tutti.

Ma comunque non mi sento abbastanza informata per rispondere in modo soddisfacente a questa domanda.

Cosa pensi dell’avanzamento tecnologico?

Temi per la tutela degli artisti umani rispetto all’intelligenza artificiale?

Oppure immagini ci possa essere una simbiosi tra questi due mondi?

Assolutamente una simbiosi. La tecnologia va avanti.

Sono una fotografa, quando nacque la fotografia tutti dicevano che avrebbe surclassato la pittura.

Adesso è il turno dell’IA. Io le vedo come cose diverse.

Senza tenere conto che è divertente mescolarle. Si può giocare, e possono nascere cose nuove.

Hai in cantiere altri progetti? Possiamo aspettarci nuove opere?

Mai viste non lo so… ma cose mie mai viste sì.

Ho un progetto in via di sviluppo, l’ho realizzato per la tesi specialistica, si chiama “diario percettivo”.

Questo progetto è ispirato alle “macchie di Rorschach”: si tratta di uno studio sulla percezione visiva e il contatto con il pubblico è necessario per proseguirlo.

Sono riuscita ad esporlo una sola volta a Napoli, in un posto che amo, al “Palazzo Venezia”.

Il progetto è correlato di schede da compilare. Chi osserva può – su queste schede – raccontarmi cosa ha percepito guardando le immagini.

La libera interpretazione è richiesta espressamente.

Durante la mostra sono state compilate oltre 200 schede, ora sono in fase di ricapitolazione.

Inoltre sto realizzando un progetto editoriale, sarà una fanzine o un libro. All’interno ci sarà un progetto fotografico accompagnato da testi.

Il progetto è sul sentimento di unione che lega l’uno all’altro. Io lo chiamo “famiglia”, ma vedremo che sembianze prenderà.

Dove ti vedi, nella tua vita artistica, tra cinque anni?

E con quali obiettivi?

(ride) 5 anni è un lasso di tempo troppo lungo da definire, io non so neanche dove e cosa starò facendo nella vita reale tra un mese.

Non posso neanche immaginare la mia vita artistica.

Probabilmente tra 5 anni starò lavorando a qualche progetto nuovo chissà dove. O magari starò vendendo artisticamente gelati in Spagna!

Vorresti aggiungere ancora qualcosa, per i nostri spettatori?

In realtà no, se loro vogliono aggiungere qualche
cosa a me… sono i benvenuti!

Preferisco il confronto diretto.

Vi ringrazio per l’intervista e per la pazienza, è stato un piacere!

Grazie per questa intervista, Alessia.

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